C’è una frase che negli ultimi anni è diventata quasi un mantra:
“Non cercare di battere il mercato. Compra l’indice.”
Un consiglio semplice, pulito e logico.
L’idea alla base è che invece di scegliere singole azioni — con il rischio di sbagliare, farsi prendere dall’emotività o da false promesse — basti comprare tutto il mercato, sedersi, e lasciare che il tempo faccia il suo lavoro.
Ma oggi, sempre più voci iniziano a dire che questo approccio… sta diventando un problema.
Il sogno della “tranquillità finanziaria” attraverso gli ETF e i fondi indicizzati potrebbe in realtà trasformarsi in una gigantesca bolla.
E proprio come accadde con i mutui subprime del 2008, potremmo essere inconsapevolmente parte di un meccanismo che si autoalimenta fino ad esplodere.
L’UOMO CHE PREVIDE LA CRISI DEL 2008
Nel 2019, Michael Burry — sì, proprio lui, quello interpretato da Christian Bale ne La Grande Scommessa — disse una cosa che fece rabbrividire Wall Street:
“Gli index fund sono la nuova bolla.
I loro prezzi superano il valore reale delle aziende che contengono.”

All’epoca molti lo presero per uno un po’ paranoico.
Insomma come si fa a paragonare un prodotto solido e trasparente come un ETF a un mutuo spazzatura?
Eppure oggi, nel 2025, a distanza di anni e con montagne di nuovi dati, vale la pena tornare su quella frase, perché qualcosa, in effetti, non torna.
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UN RICORDO AMARO: QUANDO TUTTO SEMBRAVA SICURO
Ricordi la crisi del 2008?
- È apparentemente iniziata con lo stesso meccanismo mentale:
- “È un investimento sicuro.”
- “Non può andare male.”
- “È quello che fanno tutti.”
Le banche prendevano prestiti tossici — mutui concessi a chiunque, anche a chi non aveva alcuna possibilità di restituirli — li impacchettavano insieme e li vendevano come prodotti di alta qualità.
Gli investitori li compravano senza guardare dentro, fidandosi del marchio, delle agenzie di rating e della narrativa collettiva.
Risultato?
Un castello di carte che sembrava solido, finché il vento non cambiò direzione.
Ora, togli la parola “mutuo” e metti la parola “indice”.
Il meccanismo psicologico è identico.
Oggi milioni di persone nel mondo comprano ETF e fondi indicizzati senza nemmeno sapere quali aziende contengano.
Sanno solo che “il mercato sale”, che “l’S&P 500 è tendenzialmente sicuro” e che “nel lungo periodo non puoi perdere”.
E così flussi di denaro giganteschi entrano automaticamente negli stessi titoli, mese dopo mese, anno dopo anno.
Insomma, il trionfo della passività, dell’investimento cieco, del “va tutto bene finché va bene”.
Ma è qui che entra in gioco un elemento molto importante dei mercati.
IL MECCANISMO NASCOSTO: COS’È LA “PRICE DISCOVERY”
Burry parlava di un concetto chiave, la “price discovery”, ovvero il processo attraverso cui il mercato determina il prezzo “giusto” di un’azione.
Quando un investitore analizza un’azienda singola, guarda i suoi utili, i debiti, le prospettive, il settore in cui opera e molti altri dati prima di decidere se comprarla o venderla, sta di fatto attribuendo un prezzo a quel business.
Ora prendi tanti investitori che fanno lo stesso.
Ognuno fa la propria analisi partendo da dati comuni, ma poi sceglie se comprare o vendere in base a ciò che ha analizzato.
Questo da vita ad un gigantesco cervello collettivo che corregge continuamente i propri errori di valutazione: alcuni comprano, altri vendono e man mano il mercato si costruisce andando a mantenere un prezzo “equo” per ogni titolo.
Ma se troppa gente smette di pensare ed analizzare e inizia semplicemente a comprare “tutto l’indice” a occhi chiusi, quel cervello smette di funzionare.
I prezzi smettono di riflettere il valore reale delle aziende, ma soltanto la domanda automatica generata dagli ETF.
In altre parole i fondi salgono non perché le aziende sottostanti migliorano effettivamente, ma perché sempre più persone continuano a comprare i fondi in cui sono contenute quelle aziende.
IL PARADOSSO DEL SUCCESSO
L’ironia è che proprio il successo degli index fund sta creando il loro problema.
Per anni gli esperti hanno ripetuto che “nessuno riesce a battere il mercato”.
Ed è vero: il 97% dei fondi attivi fa peggio degli indici su orizzonti di 20 anni.
Così, miliardi di dollari hanno abbandonato la gestione attiva per entrare in quella passiva.
Ma questo flusso ha un effetto collaterale enorme: quando troppi soldi vanno sempre negli stessi titoli, si crea una distorsione del mercato in cui poche aziende ricevono molti soldi e molte ne ricevono pochi.
Oggi, ad esempio, il 40% dell’S&P 500 è concentrato in appena 10 aziende (più del 30% solo in Nvidia, Apple, Microsoft, Tesla, Alphabet, Meta e Amazon).

L’anno scorso il livello di concentrazione delle top 10 aziende nel S&P500 era del 38%, già molto più alto rispetto quello della bolla del 2000 e significativamente sopra la media del 24% che si è tenuta dal 1880 al 2024.

Oggi questo livello è al 42%, cioè quasi il doppio.
Ma il vero problema è che tutte e 10 queste aziende al vertice del S&P500 che stanno drenando liquidità dall’intero mercato, sono legate, in un modo o nell’altro, all’intelligenza artificiale.
Questo significa che se tu oggi compri un ETF sul S&P 500 pensando di essere “diversificato”, in realtà il 40% del tuo denaro va in AI.
E l’AI oggi presenta un collo di bottiglia talmente stretto, che basta che cada un tassello per farla crashare totalmente (come mostrato in questo articolo).
Insomma una diversificazione apparente nel S&P500, che in realtà nasconde una concentrazione velenosa.
“MA FUNZIONA, NO?”
Certo che funziona.
Finché tutto sale, funziona sempre tutto.

Gli ETF ti danno rendimenti solidi, costi bassi, semplicità e per la maggior parte degli investitori (quelli che non hanno tempo né voglia di studiare bilanci), questa è ancora la scelta più razionale e immediata.
Ma ecco la verità scomoda: una strategia può essere perfetta solo finché tutti non la seguono.
Perché nel momento in cui tutti fanno la stessa cosa, l’efficienza tende a calare.
È come se milioni di persone cercassero nello stesso momento “l’uscita sicura” in una stanza che va a fuoco, beh quella porta non sarebbe più un’uscita sicura, ma una trappola.
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IL RISCHIO CHE NESSUNO VUOLE VEDERE
Oggi buona parte del mercato è sostenuta da investimenti automatici, piani di accumulo mensili, ETF, roboadvisor, fondi pensione.
Insomma: flussi costanti, prevedibili e ciechi.
Ma cosa succede se questi flussi si interrompono?
Se la gente smette di contribuire perché perde il lavoro, o perché entra in panico?
Oppure se un grande evento come una guerra, una crisi politica o un fallimento tecnologico, facesse vacillare la fiducia?
L’indice non è un’entità viva, non ha un motore proprio, non è un’azienda produttiva.
È una somma di scelte umane, e quando quelle scelte cambiano, anche l’indice cambia.
Questa non è la prima volta che la finanza crea qualcosa di “perfetto”.
Anche i CDO del 2008 sembravano geniali: diversificati, automatici, gestiti matematicamente.
Poi qualcuno si è accorto che dentro quei pacchetti c’erano mutui marci, e tutto è andato in frantumi.
Oggi, la domanda è simile: Cosa c’è dentro gli indici che compriamo?
Se il 40% è AI e il resto un’incognita… siamo sicuri di volerli comprare comunque?
SIAMO IN PERICOLO QUINDI?
No, ora no. Questo articolo ha solo lo scopo di far riflettere su un argomento così delicato come quello degli ETF e degli Indici.
Ma viste queste informazioni che ho condiviso fino ad ora con te, sarà naturale pensare che la maggioranza dei capitali sul mercato siano proprio su questi indici.
Sbagliato.
I trader, gli hedge fund e i fondi attivi continuano a muovere i prezzi reali e questo significa che, per ora, la “price discovery” esiste ancora.
Ma se un giorno il passivo diventasse dominante? Se troppi fondi si limitassero a replicare gli indici? Allora sì, il sistema perderebbe il suo equilibrio.
C’è un principio economico che spiega tutto questo:
il paradosso di Grossman-Stiglitz, che dice sostanzialmente che un mercato non può essere perfettamente efficiente, perché se lo fosse nessuno avrebbe incentivo a studiarlo, e quindi smetterebbe di essere efficiente.
In pratica: l’efficienza crea la propria inefficienza.
È come una giostra che si regge sul movimento.
Appena tutti smettono di spingere, la giostra si ferma.
IL VERO PROBLEMA NON SONO GLI ETF, MA NOI
La verità è che non esiste una “bolla degli ETF”.
Esiste una bolla di fede cieca negli ETF.
L’indice non è pericoloso di per sé, ma lo diventa quando smettiamo di pensare, quando non ci chiediamo più cosa stiamo comprando, a che prezzo, e perché.
Perché se compri un ETF sull’S&P 500 pensando di essere prudente, ma il 40% è tech, e il tech è già a multipli di 50 volte gli utili…
beh stai investendo in un mercato che potrebbe impiegare dieci anni per tornare ai livelli attuali, se qualcosa si incrinasse.
LEVA, MARGINE, E L’ILLUSIONE DELL’INFINITO
Come se non bastasse, negli ultimi anni è esplosa un’altra moda: gli ETF a leva.
“Perché accontentarsi del 12% annuo se posso avere il 24%?”
“Basta comprare un 2xS&P 500, no?”
È un ragionamento che funziona… finché non smette di funzionare.
Perché un calo del 10% in un ETF normale diventa un -20% in un ETF a leva 2.
E se quel calo si somma a un’ondata di vendite automatiche, il risultato è una slavina.
Insomma per chi opera nel mondo crypto, dovrebbe essere chiaro l’impatto delle leve quando i prezzi iniziano a crollare.
Più soldi girano in leva, più il mercato diventa fragile.
E più il mercato diventa fragile, più il panico si amplifica, rendendo il mercato ancor più fragile.
È un ciclo perfetto.
Perfetto come lo era il 2008.
“MA IL LUNGO PERIODO SISTEMA TUTTO, NO?”
Sì è vero, ma il lungo periodo è un concetto teorico.
Nella pratica, non tutti riescono a restare investiti per 20 anni.
Molti si spaventano, vendono nel panico, o hanno bisogno dei soldi proprio nel momento sbagliato.
L’indice non ti protegge dall’emozione.
Ti dà solo una media, e le medie sono brutali: non raccontano le vite spezzate tra i picchi e le cadute.
Attenzione, non sto dicendo di vendere tutto, voglio solo che tu rifletta.
Ti sto dicendo di riprendere in mano il volante.
Ecco qualche principio che dovremmo riscoprire:
-
Capire cosa compriamo.
Un ETF non è magia, ma una lista di aziende. Leggila, scopri quali settori stai realmente finanziando. -
Diversificare davvero.
Non solo tra titoli americani, ma anche tra Europa, Asia, materie prime, obbligazioni, persino Bitcoin se vuoi proteggerti dall’inflazione monetaria. -
Evitare la leva.
Accelerare i rendimenti significa anche accelerare le perdite.
Con la leva il rischio non raddoppia, esplode! -
Accettare che la stabilità è un’illusione.
Il mercato non deve per forza salire, non c’è scritto nella Costituzione che l’S&P 500 continuerà a fare ogni anno il 12-14%. La stabilità non esiste, tutto acquisisce e perde valore, è la vita che funziona così. Accettalo. -
Pensare da imprenditori.
Investire non è solo “mettere soldi da parte”, ma capire perché il mondo cresce, chi lo guida, e dove vogliamo scommettere la nostra fiducia. Dovremmo pensare più da imprenditori quando investiamo, che da investitori.
Mi piace pensare che il problema non siano i mercati, ma le nostre abitudini mentali.
Abbiamo confuso la semplicità con la sicurezza, abbiamo scambiato il “non pensare” per una strategia.
Ma la verità è che nessun algoritmo, nessun ETF, nessun indice potrà mai sostituire la responsabilità personale di capire dove va il proprio denaro.
Non sto dicendo che Michael Burry abbia ragione né tanto meno che abbia torto.
Sto dicendo che dovremmo ascoltare chi ci obbliga a farci domande scomode, piuttosto che chi ci da la “pappa pronta”.
Perché è sempre così che iniziano le crisi: quando tutti smettono di farsi domande e semplicemente “accettano per buono tutto”.
E SE FOSSE DAVVERO UNA BOLLA?
Forse sì, forse no.
Forse stiamo costruendo una bolla chiamata “passività”, una bolla di comfort, di automatismo, di cieca fiducia nei numeri che salgono.
E come tutte le bolle, anche questa esploderà.
Magari non oggi, o non domani.
Il miglior investimento ricorda non è in un indice.
È nella consapevolezza.
Perché puoi perdere soldi e puoi perdere tempo dietro ad un investimento, ma se perdi la capacità di pensare da solo, hai perso tutto.
Gli ETF e i fondi indicizzati restano strumenti molto comodi, ma vanno usati con coscienza e consapevolezza, non fede cieca.
Diversifica. Studia. Non seguire la folla.
E ricordati che anche il “pilota automatico” spesso, ha bisogno di un pilota.









